gabbia

Ne “La vita pensata” Brunori Sas canta: “Me lo dicevi sempre / La vita è una prigione / Che vedi solo tu / Me lo dicevi sempre / La vita è una catena / Che chiudi a chiave tu”.
Tante, troppe, le volte in cui restiamo in gabbia per mesi, per anni, vestendo i panni del prigioniero che non sa dove battere la testa, che non ha altro da fare che lamentarsi di quelle fredde sbarre che rigano il volto.
Tanto, troppo, il tempo che sprechiamo convincendoci che quello è il nostro spazio, a volte anche comodo, nel quale muoverci con micro movimenti.
E lì fuori vediamo il mondo, senza centimetri contati, che diventa altro spazio, che si trasforma. E nessuno vuole entrare dentro la nostra gabbia, naturalmente.
Nessuno vuol sentirsi prigioniero, nonostante cerchiamo di abbellire goffamente questo piccolo circo.
Così cerchiamo la chiave, fuori, credendo sia in quel vasto e pericoloso mondo esterno. Convincendoci che là fuori qualcuno ha in mano questa maledetta chiave che possa liberarci.
Nessuno e nessun luogo possiedono però la chiave.
Perché è sì nascosta, ma dentro di noi.
Nel momento esatto in cui decidiamo di aprire quella porticina. Nel momento esatto in cui decidiamo che quello non è il nostro spazio e che quel mondo, sconfinato, è la nostra meravigliosa casa.
È proprio quella la chiave, è in quell’istante che si apre tutto, come per magia.
Perché abbiamo deciso che non esiste spazio in grado di contenerci.
Perché abbiamo deciso di essere liberi.

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